rotate-mobile
Cassia Grottarossa

Al Sant'Andrea sempre più casi di abuso di alcol e droghe

Aumentano i casi di ricovero al Sant’Andrea per abuso di alcolici e sostanze stupefacenti. Intervista al professor Salvatore Di Somma, dirigente della Medicina d'urgenza dell'ospedale Sant'Andrea e docente di Medicina d’urgenza all’Università "Sapienza"

Aumentano gli accessi nei pronto soccorso della capitale. E aumentano, con una cadenza preoccupante, i casi di ricovero che presentano un comune denominatore: abuso di alcol e sostanze stupefacenti. Spesso, sempre più spesso, all’origine di incidenti sulla strada o di apparenti gravi patologie cardiache troviamo proprio l’uso indiscriminato e frequentemente associato di alcolici e droghe.

Le attuali tecnologie, superati i tempi in cui ci si affidava nell’immediato a supposizioni, forniscono la possibilità di individuare rapidamente con un unico test la presenza di stupefacenti (cocaina, anfetamine, barbiturici) e con altrettanta rapidità, tramite dosaggio emolitico, il tasso alcolico. Metodi efficaci e mirati di diagnosi, che facilitano certamente l’opera di soccorso ma che ci mostrano anche nitidamente uno scenario di crescente gravità.

Per definirne con più chiarezza i contorni, ci siamo rivolti al Prof. Salvatore Di Somma
, dirigente della Medicina d'urgenza dell'ospedale Sant'Andrea e docente di Medicina d’urgenza all’Università La Sapienza.

Alcol e droghe, un processo di sommazione con conseguenze gravissime

“L’abuso di alcol si posiziona ormai come una delle cause più frequenti per il ricovero al Pronto Soccorso, soprattutto nelle ore notturne e nei fine settimana – inizia a spiegarci il Prof. Di Somma –  è un fenomeno che attraversa tutte le fasce di età, sebbene ultimamente insista sempre più sugli stranieri e sui giovani, in taluni casi, persino sui minori. Durante la notte dello scorso Capodanno, siamo intervenuti proprio su due quindicenni, arrivati in stato di grave incoscienza, dato dal coma etilico in atto”. Dosi massicce di alcol, spesso di pessima qualità e assunto in tempi brevissimi, provocano rapidamente una sensazione di “sballo”, ma non consentono all’organismo di smaltirne gli effetti, avviando un processo che può rivelarsi letale. “Quando all’assunzione di bevande alcoliche si associa quella di stupefacenti (erbe, cocaina) con l’intento di amplificarne gli effetti, si ottiene piuttosto di provocare un processo di sommazione, con conseguenze gravissime” prosegue il Prof. Di Somma.

Ad accendere la miccia di questi eccessi, è il sempre più diffuso disagio sociale che attraversa ormai la popolazione trasversalmente, senza particolari connotati, coinvolgendo giovani, immigrati, gente comune o che vive situazioni estreme. “Non di rado affrontiamo anche casi che interessano adulti, spesso con buone posizioni sociali, che presentano aumenti della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa tali da provocare un infarto, indotti dai gravi fenomeni di vasocostrizione causati dalla cocaina” puntualizza il Prof. Di Somma. 

Alcol e stupefacenti anche come strumento per facilitare la messa in atto di violenze, soprattutto sessuali (delle quali un 5-8% anche su uomini). A questo proposito l’ospedale Sant’Andrea ha costituito un Osservatorio sulle violenze, supportato da un team di psichiatri, ginecologi, medici di laboratorio, capace di fornire soccorso immediato e accurate indagini genetiche.
“Nei casi di ricovero per poli traumi, a seguito di gravissimi incidenti stradali, dove il paziente arriva in stato di incoscienza viene immediatamente eseguito, senza la necessità di una autorizzazione, il test che determina la possibile assunzione di alcol o droghe. Fra coloro che risultano positivi, riscontriamo una forte presenza di giovani (18-30 anni)- ci indica ancorail Prof. Di Somma - molti di loro non hanno neppure lontanamente immaginato quali gravi (e spesso permanenti) danni neurologici l’associazione di alcolici e sostanze stupefacenti (già la cannabis) possa provocare”.

Nel 2008 sono stati globalmente 50.000 gli accessi al Pronto Soccorso


Nell’ultimo triennio, dal 2006 al 2008, l’ospedale Sant’Andrea ha visto aumentare da 43.000 a 50.000 gli accessi annuali al Pronto Soccorso. Così come si è vista al contrario una flessione inversa in altri ospedali dotati di un maggiore numero di posti letto (ad esempio, i 700 posti del San Filippo Neri contro i 400 del Sant’Andrea). Un fenomeno che mette in luce certamente una positiva percezione degli utenti nei confronti della struttura  Sant’Andrea, ma anche la necessità della creazione di strumenti integrati fra i vari ospedali di zona che possano permettere di distribuire più equamente gli accessi dei pazienti, a vantaggio degli stessi. “Non esiste una diversa medicina, fra Sant’Andrea, San Filippo Neri o l’ospedale di Monterotondo,  ma certamente esisterebbero percorsi più fluidi con la creazione di un sistema di accesso condiviso e integrato fra le varie strutture - è la proposta del Prof. Di Somma – presto renderemo consultabile sul web e direttamente visibile sui monitor all’interno del nostro ospedale un sistema che segnalerà il numero dei pazienti presenti e i tempi di attesa presunti. Condividere in rete lo stesso strumento (flusso on line)con le altre strutture di riferimento aiuterebbe a distribuire con maggiore criterio e rapidità gli accessi dei pazienti”.

Del resto in nazioni come la Germania o L’Olanda, come ci fa notare il professore, simili strumenti sono già in uso con ottimi risultati. Ma ancora, l’accesso ai pronto soccorso, fatta eccezione per i casi di estrema gravità, viene gestito dai medici di base, senza la cui visita non è permesso. Ne deriva che circa il 70% dei pazienti (come avverrebbe anche in Italia) non necessita di intervento di pronto soccorso e viene indirizzato su strutture specializzate. Simili filtri di accesso alle cure primarie gioverebbero certamente ai nostri ospedali evitando potenzialmente anche al Pronto Soccorso del Sant’Andrea i disagi che gli stimati 160 accessi giornalieri (fra cui arrivi del 118 superiori alla medie di zona) e il relativo sovraccarico per medici e personale comportano. Infinite attese, nei casi estremi anche di due giorni in barella, vedrebbero quella soluzione che, nonostante l’efficienza del reparto e la presenza di un medico dedicato ai barellati, non sembra ancora possibile. “ Sarebbe auspicabile l’istituzione al più presto di un tavolo fra i responsabili del territorio e quelli delle strutture sanitarie di riferimento (Unità di cure primarie) – si augura il Prof. Di Somma – con l’intento di condividere il sistema in rete (flusso on line) e la creazione di percorsi comuni per ogni patologia”. Globalizzazione dunque, ma nel suo aspetto migliore, per pianificare l’accesso alle cure primarie, anche a fronte dell’esponenziale aumento di flussi dovuti all’assunzione di alcolici e stupefacenti.

Articolo a cura di










Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Al Sant'Andrea sempre più casi di abuso di alcol e droghe

RomaToday è in caricamento